lunedì 22 agosto 2011

Nuovo attacco a Prodi, questa volta sulla passata gestione delle pensioni

Ennesimo attacco alle gestioni governative italiane passate da parte dell'attuale governo Berlusconi.

Questa volta
la dichiarazione arriva dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi durante una conferenza stampa al meeting di Rimini:

"La decisione del governo Prodi di abbassare l'età pensionabile è stata "disastrosa e antistorica".

Non siamo nuovi a questo tipo di campagne contro il precedente governo Prodi da parte degli esponenti politici del PDL.

giovedì 18 agosto 2011

Intervista di Romano Prodi a Radio 24

Il professore ai microfoni di Radio 24: ci vogliono agenzie europee, cinesi, indiane (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 16 ago - Le agenzie di rating? "La prima cosa e' la concorrenza. Si parla tanto di concorrenza e poi le tre agenzie di rating mondiale sono come Qui, Quo Qua, vanno d'accordo tra loro. Sono tutte americane. Si mettono d'accordo. Non c'e' niente da fare, istintivamente rispondono a stimoli politici". Cosi' a Radio 24, in un'intervista di Irene Zerbini, conduttrice di 24 Mattino Estate. "Ci vogliono agenzie europee, cinesi, indiane. Questa soluzione spiega l'ex presidente del Consiglio - avrebbe anche un altro vantaggio. Quello di rendere relativo il giudizio di queste agenzie che, comunque, ci vuole perche' ci vogliono dei controlli ma i loro giudizi andrebbero poi presi con una certa saggezza. Qualcuno propone agenzie in mano agli Stati. Io ho delle perplessita' perche' evidentemente perderebbero di credibilita'. Per definizione ognuno metterebbe l'asino dove vuole il padrone. Nel mercato di oggi e' meglio che ci siano tanti asini e tanti padroni". In merito al futuro della , Prodi dice a Radio 24: "Sono preoccupato ma non credo ci sara' la fine dell'euro. E' vero, siamo entrati nel periodo della paura: paura della Cina, degli emigranti. Quando si fece la campagna francese sull'idraulico polacco e non c'era un idraulico polacco in tutta la Francia, era chiaro gia' allora che eravamo entrati in un periodo diverso. Quando pero' si va nel concreto e si dice 'abbandoniamo l'euro', i primi ad avere paura ad abbandonarlo sono i tedeschi. In un mondo grande come quello di oggi essere soli non va bene neanche per la Germania. Sanno benissimo - continua il professore a Radio 24 - che solo con l'euro possono avere la forza economica che hanno oggi. Senza l'euro tutti gli altri paesi compresa l'Italia avrebbero svalutato e svaluterebbero la loro moneta. Quando io ho iniziato la carriera accademica, ci volevano 145 lire per un marco, quando siamo entrati nell'euro ce ne volevano 990, abbiamo svalutato del 600 per cento. I tedeschi sanno benissimo che in questo caos non potrebbero gestire una democrazia moderna. Arrivano con la demagogia fino al limite del burrone e dopo si fermano". L'aumento dei prezzi c'e' stato anche se non era alto come dice qualcuno. Ma la colpa non era di chi era a Bruxelles, come ero io in quel momento quando e' stato introdotto l'euro nella pratica quotidiana. La responsabilita' e' dei Governi nazionali. E in soli si e' verificato questo fenomeno: la Grecia e l'Italia". Quanto all'aumento dei prezzi innescato dall'euro, Prodi sottolinea che "c'erano due strumenti che Ciampi aveva elaborato: le commissioni provinciali di controllo che erano state istituite non sono state fatte lavorare; e il doppio prezzo in lire e in euro per sei mesi in modo che la gente si sarebbe potuta difendere da sola. Io non ho mai capito perche' questi due semplici provvedimenti, che Ciampi aveva raccomandato, non siano stati usati dal ". In merito ai costi della politica, Prodi sostiene che "bisogna dare un minimo di esempio e rappresentare quello che e' il dolore medio del paese. Il risparmio vero si fa solo nell'apparato della politica. Giorno per giorno questo apparato si e' ingrandito"

L’Italia è indifesa contro la speculazione. Con questo governo tutto il Paese rischia di saltare



Prodi: “È la ricevuta fiscale il baluardo della democrazia”

Articolo di Marco Marozzi su La Repubblica del 17 Agosto 2011

«Come si fa a salvare un Paese se fra chi lo governa c´è chi dice che obbligare alla contabilità è comunista?». Romano Prodi ha appena compiuto 72 anni e tira di nuovo fuori gli artigli.

Boccia la manovra senza mezzi termini e avverte che con questo governo tutto il paese rischia di saltare. I mercati colpiscono «i deboli» e noi siamo indifesi come «la Croce Rossa».

L´unica nota positiva è la «supplenza» di Napolitano. Del resto lo sguardo dell´ex premier è rivolto proprio al Quirinale e alla scadenza del 2013. «Continuare a non creare davvero un sistema elettronico per controllare i pagamenti e i guadagni – avverte – , vuol dire portare alla rovina l´Italia. La democrazia si difende con la ricevuta fiscale.

Noi abbiamo di fronte due grandi problemi che ci fanno diversi dalle altre nazioni europee: la criminalità e l´evasione fiscale. Se non si pone un freno a queste due piaghe, se non si mettono in campo misure strutturali, non c´è scampo. E io questa linea nella manovra del governo non la vedo proprio. E se non cambiamo fra tre anni siamo allo stesso punto».

Il Professore non vede alcun progetto nell´esecutivo. «Quando ho visto che le cassette di sicurezza in Svizzera si stavano riempiendo, non ce ne era più una libera, ho capito tutto». «La ragione scatenante dell´attacco della speculazione all´Italia – dice da Novellara, campagna reggiana, fra la tribù di figli e nipoti con cui ha condiviso anche la vacanze al mare di Toscana – è stata la spaccatura nel governo, la lotta continua tra Berlusconi e i suoi.

Le divisioni nella maggioranza e fra i ministri continuano. I mercati sono sensibili alla politica debole, all´insicurezza dei governi. E la politica italiana è un caos enorme. Ognuno tira la manovra come gli torna utile. Per fortuna, abbiamo avuto una sostituzione di lusso con il presidente Napolitano.

La speculazione però si muove come gli Orazi e i Curiazi, vede chi è il più debole e lo infilza. L´Italia non aveva una politica economica, non si sapeva dove andasse. Difficile dire che le cose siano cambiate, siano avviate sulla via del risanamento. Lo spero, da italiano. Ma la democrazia si difende con una cultura di governo che non vedo». Il Professore scuote la testa. «Attaccare l´Italia è stato come sparare sulla Croce Rossa».

Prodi torna a colpire, la sua non è una nuova discesa in campo, è una lunga marcia che potrebbe concludersi nel 2013 al Quirinale. Non solo è importante quel che dice, ma chi incontra. Parla alle università, nelle università, nelle banche. Tiene rapporti internazionali, accademici, economici, istituzionali. Discorsi alti, con zampate terrene.

È stato ricevuto da Giorgio Napolitano un mese fa, alla radio del Sole 24 ore ha ricordato, ascoltato e riverito, che nel suo governo (quello che ama, 1996-98; il secondo 2006-2008 è stato un tormento) c´erano l´attuale presidente della Repubblica, il predecessore Carlo Azeglio Ciampi, il nume scomparso Nino Andreatta.

«Si lavorava insieme, in modo collettivo. Mi ricordo benissimo le lunghissime discussioni. C´era una squadra. Facevamo ore e ore di simulazioni con i funzionari». Tutto per contrapporlo al governo del Cavaliere, dove «ognuno ha la sua tesi e un´opinione diversa».